Renault – 120 Anni di Classici
RENAULT
120 Anni di Classici
Testo e foto di Alessandro Marrone
Sto atterrando a Parigi dopo un’ora abbondante di volo ed osservando fuori scorgo una pista di atterraggio fradicia. Oggi la città degli innamorati non sembra molto romantica e mi accoglie con un’aria pungente e l’immancabile traffico che rallenta il percorso verso l’albergo a Rolleboise. Poco importa perché sono qui per un motivo soltanto ed è quello di immergermi nella storia di Renault, che compie la bellezza di 120 anni. Oltre un secolo di storia, passione ed una visione del mondo automobilistico che ha messo sin dal principio l’uomo al centro di un piccolo microcosmo che con il passare degli anni si è confermato come un punto di riferimento per ogni amante delle quattro ruote, a partire dalle vetture che intendono semplificare la vita di tutti i giorni, passando per una brillante eredità di veicoli commerciali, sino ad un orgoglio conquistato nelle più disparate categorie di motorsport, rally e Formula 1 incluse.
Il Brand Bath Day è un’immersione in questo mondo, alla scoperta di una storia che è nata quasi per caso e si è evoluta sino ai giorni nostri, rappresentando una delle realtà più solide in campo automotive. Renault è infatti uno dei marchi con più decenni alle spalle ed ha fatto del suo percorso un continuo cambiamento, un’evoluzione dettata dai tempi e dall’economia, innovando il panorama con modelli tutti nuovi come il furgoncino Estafette o la monovolume Espace in seguito. Mi attendono due giorni intensi che cominceranno nel modo migliore, ovvero toccando con mano quel sapore di vita parigino che si respira nei paesi a pochi chilometri dalla capitale francese. Una ristretta cerchia di giornalisti è stata invitata per l’occasione e dopo una piacevole conferenza stampa ed un’ottima cena, si va a letto presto, sperando che il meteo sia più magnanimo il mattino seguente.
Il gran giorno arriva puntuale come la sveglia che mi butta giù dal letto senza la minima esitazione, apro le tende della camera ed osservo la Senna che viene incessantemente colpita da pesanti gocce di pioggia. Il cielo sopra di noi è cupo e non agevolerà certo la mattinata, che dopo una veloce colazione ci raduna nel parcheggio dell’albergo, di fronte a 10 Renault con qualche annetto sulle spalle. È qui che comincio a respirare un’emozione diversa dal solito e che mi avvicino alla mia prima scelta, un Estafette rosso del 1980. Osservarlo con quelle sue linee così squadrate, svettare tra i più piccoli modelli ai suoi lati, lo fa sembrare uscito da un cartone animato della Pixar, ma in realtà le sue radici son ben affondate nella storia del marchio ed anche nella società francese, grazie alle moltissime versioni che ne sono state ricavate in ambito commerciale ed anche istituzionale, come quello utilizzato per molti anni dalla Gendarmerie. Apro la portiera scorrevole sul lato destro e lancio dentro ombrello e zaino con un minimo di attrezzatura fotografica, poi mi dirigo dal lato opposto e salgo – nel vero senso della parola – a bordo. Soltanto dopo essermi arrampicato goffamente ed aver chiuso la portiera con un rumore metallico, mi rendo davvero conto della situazione. Il volante ha la corona sottilissima ed un diametro almeno il doppio più grande rispetto a quello di una vettura contemporanea, mentre il cruscotto non ha praticamente nulla, fatta eccezione per un paio di tasti e le bocchette dell’aria. Di fronte a me un tachimetro analogico orizzontale e nient’altro. Metto in moto e mentre provo a prendere confidenza con la pedaliera disassata, inizio ad armeggiare con la leva del cambio, che non appena muovo i primi passi verso la strada comincia a vibrare come se fosse stata morsa da una tarantola. Tutto questo è semplicemente fantastico. Abbandonata la comfort zone, mi ritrovo da solo, senza navigatore ed alla guida di un furgoncino di quasi quarant’anni fa attraverso qualche campagna francese, cercando di tenere il passo di una Renault 5 di fronte a me, che sembra correre come una Lamborghini. Ogni movimento è più brusco, più accentuato e se devo pestare forte sull’acceleratore, intervenire sul freno richiede ancora più energia, senza contare che mi son realmente reso conto di dove mi trovassi, entrando nella prima curva ad una velocità a dir poco esuberante, soprattutto per il tipo di auto che avevo per le mani.
Scendo di marcia e faccio salire di giri il motore, riesco a non perdere le altre tre vetture che guidano il mio gruppo e rido come un bambino che ha appena capito come funziona un giocattolo nuovo. Ed a chi importa se questo giocattolo ha 38 anni, per me è una situazione nuova e mi piace terribilmente. Dopo una trentina abbondante di chilometri è il momento di cambiare le vetture e la mia scelta ricade sulla piccola 4CV del 1961, una simpatica utilitaria dalle sembianze quasi fumettistiche. Salgo a bordo e mi ritrovo in un ambiente completamente differente rispetto a prima, basti pensare che voltandomi ed allungando il braccio sono in grado di toccare lo schienale dei sedili posteriori. Sul cruscotto non c’è davvero nulla stavolta, nascosto alla base del parabrezza vi è un pulsante che aziona i piccoli tergicristalli ed ho un cambio a sole tre marce. Vi ho detto che i pedali sono minuscoli e di forma rotonda? Ecco, ora lo sapete. Ho viaggiato indietro di altri vent’anni e riesco a percepire delle sfumature ancora più profonde. La 4CV pesa appena 600kg ed è molto maneggevole, tant’è vero che entro subito in sintonia con il suo comportamento diretto e perfettamente comunicativo con il terreno. Infine dopo circa 30 chilometri, arriva il momento dell’ultimo cambio, dove salgo al volante della vettura che guiderò più a lungo, ovvero una Frégate Domaine del 1957. Viaggio indietro di altri 3 anni, ma guadagno parecchio in termini di abitabilità, con una famigliare a sei posti, brillante ma con la leva del cambio fissata al piantone del volante. C’è da farci un po’ l’abitudine, soprattutto per trovare la prima marcia e partire senza farla spegnere almeno una volta, ma poi, nonostante l’età, la Frégate fila che è un piacere. Sembra di guidare una vettura moderna in tutto e per tutto. Ci tornerei addirittura in Italia.
Mentre la pioggia non intende smettere, tutti i gruppi di vetture giungono a Flins, dove varchiamo i cancelli di uno degli stabilimenti Renault più ricchi di storia e di produttività. La prima tappa è presso uno spazio dedicato ad alcuni modelli in fase di restauro ed è qui che i miei occhi iniziano a ripercorrere l’importanza che il marchio francese ha avuto nel mondo dell’automobile. Passando dalla mitica Alpine A110, ci sono Formula 1 degli anni d’oro, glorie dei rally come la R5 Maxi Turbo e addirittura un carro armato. E poi una delle mie preferite, probabilmente perché era l’auto che sceglievo sempre da piccolo quando potevo guidare solo grazie a qualche videogioco, la Laguna che prese parte a diversi campionati del BTCC. Quei colori, quelle scritte, quell’aggressività di vetture che incutono timore soltanto nel vederle ferme, a due passi da te, vengono affiancate dalla presenza della prima Renault mai prodotta, la Type A del 1898. Più vicina ad una carrozza senza cavalli, che ad un’automobile, questa “voiturette” è stata la scintilla che ha dato vita a tutto. Era un giorno speciale, la sera di Natale, e Louis Renault, a soli 21 anni, volle mostrare agli amici che avrebbe costruito un veicolo in grado di muoversi autonomamente e percorrere addirittura Montmartre, una collina nella zona Nord di Parigi, nonché punto più alto della città e quindi estremamente ostico per l’impresa. Fu un successo, nato per caso e portato avanti per le numerose richieste di chi assistette alla scena. Con il passare degli anni, la produzione minima dovette aumentare e così nacque un marchio che come obiettivo aveva quello di motorizzare la classe più agiata di Parigi. Tutti volevano una Renault, sinonimo di lusso ed intraprendenza. 10 anni dopo fu il turno della Type AX, che assume maggiormente i connotati di una vettura, dando più spazio al comfort per guidatore e passeggero.
L’industria è in grande fermento e Renault compie un ulteriore passo, armonizzando un design elegante a dimensioni maggiori, con corpi vettura che permettessero così ai proprietari di poter essere comodamente accompagnati dal proprio autista. Ne sono un esempio le splendide Reinastella (del 1932), la Primaquatre (del 1937) e la Juvaquatre (del 1939). Proprio il simbolo di Renault, un diamante, confermava quanta cura ed attenzione veniva impiegata per offrire ai propri clienti il massimo sotto ogni aspetto. La Primaquatre fu proprio una mossa contro la crisi del periodo, che nonostante non permise al brand di aumentare le vendite, contribuì perlomeno a limitarne le perdite. Poco dopo, proprio in un momento estremamente delicato, arrivò la seconda guerra mondiale ed è qui che, come progetto interno, prese vita la 4CV, una vetturetta economica che avrebbe potuto abbracciare una clientela molto più ampia e che sarebbe anche diventata la base per lo sviluppo di futuri modelli. Renault esporta ovunque nel mondo ed allarga la propria offerta, con modelli che vanno a coprire tutti i segmenti all’epoca esistenti. In seguito con il nuovo CEO Pierre Dreyfus, si vive una nuova fase per il brand, dove si presta un’attenzione differente alle esigenze dei clienti e si punta a contrastare i colossi Fiat e VW, aumentando la produzione giornaliera e introducendo uno dei modelli più iconici del marchio, la Renault 4. Dal finire degli anni 60 in poi, il mondo cambia profondamente, le persone hanno necessità differenti e la proposta continua ad ampliarsi, passando per modelli indirizzati ad una clientela sportiva, la 8 Gordini, sino ad un altro autentico simbolo della casa francese, pensata per i giovani e con particolare propensione al pubblico femminile, la Renault 5. Il nostro viaggio lungo la storia di Renault accelera (purtroppo lo spazio è tiranno), e dopo numerose varianti, giungiamo ad un altro punto cruciale, quello che da vita alle monovolume, caratterizzate da dimensioni generose, dalla praticità di un abitacolo funzionale ed in grado di ospitare anche sei o sette persone a bordo – è il 1987 ed arriva l’Espace. Il resto è altrettanto importante, come la Clio, la Twingo o l’attuale incarnazione di Renault, fatta di un design pulito e soluzioni all’avanguardia, senza dimenticare le versioni sportive RS e l’impegno costante nel motorsport, ma questo meriterebbe un capitolo a parte.
L’esposizione di 90 vetture di fronte a me è qualcosa di meraviglioso, un banchetto per i miei occhi. Tutte sistemate in ordine cronologico ed in grado di raccontare non una, ma mille storie di vita. Questo è un luogo magico, uno scrigno che custodisce una bella fetta di storia francese. Potrei ascoltare le parole di Jean-Louis Loubet, esperto di Renault e di automotive industry – per ore, ma il tempo corre veloce, troppo veloce, e dopo essermi calato nell’abitacolo di una monoposto di F1, si giunge al momento dei saluti. Affrontiamo la pioggia sino alle vetture che ci aspettano fuori, pronte a riportarci in aeroporto per il volo di ritorno in direzione Milano.
Credo di aver preso più appunti in questa singola giornata, che in tutto un semestre universitario e dando uno sguardo alle foto scattate, già assaporo il dolce gusto di un’esperienza che non mi ha soltanto arricchito a livello professionale, ma anche personale. Approfondire la storia di un marchio, catapultandoci al centro di essa al volante di alcuni tra i più importanti modelli che hanno reso Renault un simbolo della Francia su ruote, è stata una scelta fantastica. Trovarmi di fronte a qualcosa di completamente nuovo e di così vivo mi ha dato l’ennesima conferma che per costruire un futuro migliore bisogna prima di tutto conoscere il proprio passato. Ed in 120 anni Renault ha scritto pagine di storia automobilistica davvero interessanti.
Ecco perché abbiamo deciso di dare ancora più spazio a questo compleanno speciale, dedicando 12 episodi che toccheranno alcuni tra gli esemplari più rappresentativi del marchio. Li trovate sul nostro sito, andate a darci un’occhiata e ripercorrete con noi questo viaggio fantastico.