Quella Volta Che … Fu Terrificante!
BMW M5 E60
Testo: Antonio Iafelice
“Terrificante!”. È questa l’unica esclamazione che mi viene in mente per descrivere la BMW M5, soprattutto una volta sceso a caldo dalla macchina dopo aver provato la sua estrema velocità. La M5 già la conoscevo e per di più avevo già avuto modo di provarla in pista a Vallelunga. Fu in quell’occasione che ebbi la possibilità di trasformare gli incredibili numeri impressi nella cartella stampa di presentazione in veloci tempi sul giro e non nascondo che la cosa mi fece sobbalzare parecchio dalla gioia: fortunatamente, pensai, costruiscono ancora macchine così sanguigne! In effetti sul mercato non erano poi tante le berline che potevano vantare potenze da supercar. Ne rimasi folgorato per le prestazioni, ma anche per la possibilità di cambiarne l’anima e di trasformarla all’occorrenza da tranquilla berlina da famiglia a vera e propria macchina da corsa. Se da un lato la pista poteva mettere in evidenza il lato più estremo della M5 e far uscir fuori le sue prestazioni velocistiche all’ombra di un cronometro, le strade normali avevano però il vantaggio di mettere in luce quelle emozioni che nascono proprio in virtù delle caratteristiche tecniche della M5 che, soprattutto se spremute al massimo, non sono certamente alla portata di tutti. Avete mai provato ad utilizzare la M5 con tutte le regolazioni del cambio, del motore e delle sospensioni al massimo e senza aiuti elettronici? Sicuramente in pista sì, probabilmente su strade aperte alla normale circolazione no. Per quanto mi riguarda è proprio in questa particolare circostanza che la BMW M5 mi è apparsa … terrificante!
Ricordo che era una calda notte d’estate e, di ritorno da una gita al mare, stringevo tra le mani il classico volante a tre razze marchiato “M”. In quelle ore la strada che dal mare portava alla mia città era praticamente deserta: le luci ed i suoni del lungomare si affievolivano sempre di più ed il buio della notte sembrava quasi inghiottire la M5. Ero ancora in modalità “tranquilla” berlina da famiglia ed approfittai della sosta ad un semaforo per passare a quella di esasperata macchina da corsa intervenendo sui vari settaggi di motore, cambio, sospensioni e controlli di stabilità agendo sui singoli tasti posti vicino al piccolo pomello del cambio sequenziale/automatico SMG a 7 marce. Ricordo quel preciso momento come se fosse ora. In ordine premo il tasto “power” per sbloccare tutta la potenza disponibile e passare dai 400 cv standard a tutti i 507 cv, spingo il pulsante “DSC Off” per gustarmi il brivido della guida senza aiuti elettronici, schiaccio più volte il bottone “EDC” fino a scegliere la risposta delle sospensioni più rigida che ci sia ed infine seleziono la cambiata più veloce tra le ben 11 programmabili. Memorizzo tutti i parametri scelti ed il gioco è fatto: non mi resta che premere il tasto “M” posto sulla razza destra del volante per catapultarmi in un mondo che va alla velocità della luce grazie a tutti i settaggi memorizzati completamente al massimo. Il risultato è che mi ritrovo tra le mani sempre lo stesso volante a tre razze, ma che adesso mi fa da filtro ad uno spirito più indomabile rispetto a solo qualche minuto fa.
Fermo al semaforo stringo il volante e porto il V10 su di giri sentendomi quasi come se fossi al via di un gran premio. Dentro di me penso: “devo provare il launch control!”. La procedura per partire a razzo prevede una precisa sequenza da seguire, ma è poca cosa rispetto al divertimento che poi garantisce: posso assicurare che in 4,6 secondi la lancetta del contachilometri sarà già a 100 km/h, un sorriso beffardo avrà fatto capolino sul viso ed un leggero fumo bianco sarà il risultato di due virgole nere lasciate sull’asfalto. In un fulmicotone mi lascio la città alle spalle per addentrarmi in una valle illuminata solo dai potenti xeno “Angel Eyes” e ravvivata unicamente dai numerosi decibel sprigionati dal poderoso V10. Ogni curva è una sfida e fa capire quanto sia difficile sfruttare al massimo su strada una berlina iper-vitaminizzata come la M5 e allo stesso tempo quanto sia stato complicato per gli ingegneri dar vita ad un’auto con un corpo da tranquilla berlina ma con un cuore da corsa. Ma è proprio la convivenza di queste due anime che rende incredibile l’esperienza al volante: godere di più di 500 cv sarebbe troppo facile su una supercar, mentre sfruttarli sulla M5 regala sempre brividi inaspettati. Inoltre la “mia” M5 è dotata anche di “M Driver’s Package” che fa un sol boccone della velocità massima limitata a “soli” 250 km/h e la spinge ad oltre 300 km/h.
Arrivo su un rettilineo deserto, schiaccio con decisione il pedale dell’acceleratore e mi fiondo giù per un lungo ponte leggermente in discesa che collega due gallerie. Quello che succede è pura magia: il rombo del V10 diventa un latrato che squarcia il silenzio della notte e le gallerie sono il teatro perfetto per assistere al concerto di tutti i 507 cv. La velocità aumenta in maniera spudorata più di quanto io riesca effettivamente ad immaginare e finisce con lo schiacciare ancora più a terra il missile bavarese che, grazie ad un assetto estremamente basso e ad uno spoiler anteriore più pronunciato per via della inedita conformazione aerodinamica, finisce per grattare il fondo stradale a tratti irregolare regalando una scena incredibile ai miei occhi: innumerevoli scintille imbrigliano la calandra, schizzano impazzite sopra il cofano e colpiscono il parabrezza dando vita ad uno spettacolo che non avrei mai più dimenticato. Quelle scintille impazzite rappresentano alla perfezione l’estasi di quel momento e la “pazza” natura della M5, una vettura in grado di regalare emozioni da supercar in un corpo da berlina e di suscitare sentimenti contrastanti come adrenalina, paura e goduria, il cui mix dà vita ad un coinvolgimento unico nella guida.
Nissan GT-R
Testo: Alessandro Marrone
Ero fermamente convinto che quella sera, sarei tornato a casa con l’amaro in bocca – quel sapore che troppo spesso ha distrutto le mie aspettative come farebbe un tornado con un castello di sabbia. Molte volte ho assaggiato quel tripudio di amarezza ed ho così dovuto rivedere la mia personale classifica, che santificava miti spesso divenuti tali soltanto per un sentito dire. E nonostante siano passati diversi anni dai racconti di mio padre che sfatava prestazioni mai viste per tranquille e noiose utilitarie che tempestavano le strade negli anni 60 e 70, mi sono avvicinato alla Nissan GT-R R35 quasi come a cercare la scusa dell’ultimo minuto per rimandare la prova della verità, convinto che una volta alla guida, avrei sgretolato ogni mio desiderio di possederne una – di possedere quella sportiva ammazza supercars che da lì a qualche anno sarebbe potuta rientrare nei miei progetti, perché no.
Stavolta era diverso e sin dalla messa in moto che diede vita al V6 twin-turbo da 485cv, le cose si sono fatte chiare, anzi chiarissime. Godzilla era lì per restare e per far sentire la sua voce, amplificata dal silenzio della notte e resa ancor più diabolica dai riflessi del suo rosso pastello sulle vetrine dei negozi. Le strade erano deserte, complice anche il ponte di una festività che ormai non ricordo (saranno passati circa 5 anni e mezzo) e la mia voglia di conoscerla e capirla sino in fondo nel giro delle poche ore a disposizione superava addirittura quella di tornare a casa tutto intero. Tappa obbligata nel piazzale privato dell’amico che ha reso possibile questo tête-à-tête per … scaldare le gomme (passatemi il termine), con la fantastica trazione integrale che non soltanto riesce a mettere a terra tutta la potenza e la coppia (588Nm a 3200 giri), ma che ti permette anche di far scivolare il posteriore, soprattutto nel momento in cui adotti un angolo di sterzata che istiga a delinquere. Ma la R35 non è soltanto fumo in un piazzale, è molto di più e sa essere tutto ciò di cui hai bisogno, su strada come su pista (dove ebbi la fortuna di provare il modello seguente, qualche anno dopo). Lasciamo la nostra area riservata e facciamo borbottare i quattro terminali di scarico lungo le vie del centro, con quel ruggito ovattato che diventa ben presto inconfondibile e che non ti lascia più. Lo sogni la notte successiva, quella dopo e quella dopo ancora – non puoi farne a meno ed il perché è racchiuso in quel che succede quando l’ago del contagiri supera la soglia dei 3500 giri e le cose si fanno serie.
Mi preme al sedile, le mani stringono il volante con tutta la forza possibile e gli occhi viaggiano veloci come due palline da flipper, alla costante ricerca di punti di riferimento, dell’ingombro del muso – si tratta pur sempre di una grossa coupé da circa 1,8 tonnellate e soprattutto, a caccia di conferme numeriche, sempre precisamente riportate sul display centrale, che ti registra la curva di coppia, forza G, accelerazione e qualsiasi altra cosa il vostro più profondo spirito nerd possa desiderare. Non te ne accorgi nemmeno ed è già diventata una droga, non ti rendi conto che la notte sta lentamente lasciando spazio alle prime e timidi luci dell’alba che ti rintani in un garage per scattare qualche foto col telefonino, a voler custodire il ricordo di quel giorno che hai osato affrontare i tuoi sogni e che loro hanno finalmente risposto fermamente quanto vogliono restare sulla parete della tua camera da letto. Questo poster non finirà nel cestino come tanti altri, questo poster resta dov’è e chissà che tra qualche anno non trovi posto in garage, magari nelle dimensioni reali. Magari nelle dimensioni di questo sogno durato troppo poco, ma esageratamente concreto. E poi finisce tutto e quella sagoma rossa si allontana verso l’orizzonte, macchiata dai raggi del sole che vogliono rubarle la scena. Che illuso questo sole. Può solo accompagnare Godzilla verso una nuova avventura, ma quando sarà il momento dovrà scansarsi, proprio come qualsiasi sportiva deve fare nel preciso momento che la sagoma della GT-R si disegna nello specchietto retrovisore. Nessun prigioniero per un’auto estremamente tecnologica che sa però regalare emozioni primitive – le uniche che ti fanno venire la pelle d’oca in questo cyber mondo divenuto ormai freddo ed ovattato da filtri e diavolerie che rendono superpiloti anche i peggiori supercarciofi della domenica.