The Iso Rivolta Chronicles: Episodio I
Gennaio 1975. Bresso, una manciata di chilometri a nord da piazza Duomo a Milano. I cancelli della fabbrica Iso Rivolta si sono chiusi il giorno prima, con la fine del 1974.
Non apriranno mai più, lasciando alla storia un marchio automobilistico ambizioso e sfortunato, che ha scritto una pagina dell’industria italiana, e piano piano è stata dimenticata.
La storia dell’azienda fondata dall’ingegner Renzo Rivolta, che ha iniziato a produrre veicoli a motore nel 1948, oggi è tornata a galla, in un documentario a puntate, “The Iso Rivolta Chronicles”, prodotto dal progetto “An Italian Garage”.
Otto video, che raccontano tutti i modelli prodotti dall’azienda lombarda e anche le storie degli appassionati del marchio che, con la loro passione, ne stanno tenendo vivo il ricordo.
Pensando alla Iso Rivolta, il pensiero va subito alla Iso Grifo, modello di punta della Casa. Prodotta dal 1965 al 1974 era un mix perfetto di tutto quello che si poteva desiderare in un’auto di lusso ad alte prestazioni.
La carrozzeria è un capolavoro di Giorgetto Giugiaro per Bertone e rappresenta il genio artistico italiano di quei decenni. Ma sotto il cofano c’è la sorpresa, perché basta mettere in moto una Iso Grifo per sentirsi un po’ in America.
Il rumore del motore tradisce subito gli otto cilindri a V di un motore Chevrolet Small Block di 5.3 litri. Si sente bene nel primo episodio di “The Iso Rivolta Chronicles”, con l’esemplare dell’ungherese Adam Bolcs, titolare di un’agenzia di comunicazione e grande appassionato di Iso Rivolta. L’amore per il marchio italiano in lui è nato da bambino, con una macchinina della Iso Grifo, per arrivare molti anni dopo a possederne una vera. Di Grifo ne ha due l’imprenditore Federico Bonomelli, di cui una è la rara 7Litri, che monta un Chevrolet L71 Big Block, in grado di erogare 435 cavalli.
Per montare e gestire questo propulsore su una Grifo, il telaio venne rinforzato e il cofano venne modificato con un imponente rialzo rettangolare, che la rende immediatamente riconoscibile
Questo modello rappresenta anche la fine dei rapporti tra Renzo Rivolta e Giotto Bizzarrini, che l’aveva sviluppato. Nata come progetto A3/C e pensata per le corse, la Grifo è stata poi prodotta nella versione stradale A3/L, poi chiamata semplicemente Grifo, su cui Iso concentrò tutti gli sforzi produttivi. Da qui iniziarono gli screzi con Bizzarrini, che nel 1965 lasciò l’azienda di Bresso per sviluppare e produrre a suo nome la A3/C, che di fatto sarebbe poi diventata la Bizzarrini 5300GT. Lo stesso Giotto Bizzarrini aveva dichiarato che questa Iso era il suo secondo studio aerodinamico dopo la Ferrari 250 GTO, e che era ancora meglio dell’auto del Cavallino Rampante, ridimensionata da qualche piccolo difetto nel retro.
La Iso Rivolta, inoltre, puntava su sospensioni indipendenti all’anteriore, ponte De Dion nel retrotreno, e motore e cambio montati in posizione piuttosto arretrata, in modo da cambiare la disposizione dei pesi.
E se la Grifo è la Iso più celebre e ricordata, l’incompresa è la GT300. Una Gran Turismo oggi dimenticata dai più, ma che ancora si distingue per le sue linee innovative e lo stile particolare, anche questa frutto del genio di Giugiaro.
Lanciata nel 1962, doveva essere l’auto dell’espansione per la Iso Rivolta, in particolare per il mercato americano. Ma un po’ i prezzi, un po’ il brand poco conosciuto oltreoceano e una qualità costruttiva che non rispecchiava la perfezione voluta da Renzo Rivolta, le preclusero il successo sperato.
I numeri di produzione sono stati comunque discreti, con 798 esemplari più due prototipi tra il 1962 e il 1970. La GT 300, che poi è stata rinominata IR 300, è stata prodotta anche come 340. Le cifre rappresentano i cavalli del motore Chevrolet 5.3, che consentiva di raggiungere rispettivamente i 218 e i 228 km/h di velocità massima e un’accelerazione da 0 a 100 km/ in 7,9 e 8,4 secondi.
Prestazioni elevate per l’epoca, considerando che si trattava di una macchina dedicata a un pubblico facoltoso, e per questo univa le sue doti sportive all’eleganza della linea, senza dimenticare il lusso e la comodità dell’abitacolo: pilasti fondamentali per Renzo Rivolta, che voleva un’automobile veloce ma allo stesso tempo quotidiana, con un prezzo che fosse in mezzo tra quello di una Jaguar e quello di una Ferrari.
Tra gli imprenditori di oggi, a possedere una IR 300 c’è lo stesso Federico Bonomelli che, intervistato da An Italian Garage, l’ha descritta come un’auto che deve essere guidata con molta prudenza perché, un po’ per le scarse misure di sicurezza obbligatorie negli anni ’60, un po’ per la potenza che l’auto può sprigionare, ha un impianto frenante che può risultare pericoloso per i guidatori meno esperti.
Esperienza che sicuramente serve per guidare tutte e tre queste sportive prodotte dalla casa di Bresso. Ognuna a modo suo ha lasciato il segno nel mondo delle quattro ruote, e oggi gode di una seconda vita grazie a un gruppo di appassionati, amanti delle auto storiche e dello stile italiano.
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Articolo di Daniele Boltin
Photo credits: Alessandro Venier e An Italian Garage