VIPER RT/10
Testo Andrea Balti / Foto Archivio Chrysler
Il suo è un morso letale, di quelli che non lascia spazio alla minima incertezza e che potrebbe far pagare caro il minimo errore. Si chiama Viper ed è una tra le “poster cars” più amate di sempre, da alcuni indicata come la reincarnazione della mitica Shelby Cobra, con la quale non condivide soltanto il nome strisciante, ma un comportamento su strada da autentica vedova nera, una linea immortale e la capacità di scompigliarvi l’acconciatura nella maniera più concitata che possiate mai immaginare. I più concordano sul fatto che la Viper sia inoltre una sorta di moderna interpretazione delle più tradizionali muscle cars, una due posti secchi larga, bassa ed esagerata proprio come l’immenso propulsore che cerca in tutti i modi di nascondersi sotto l’ingombrante cofano motore. Quel che è certo è che in un attimo è stata capace di catturare l’attenzione e il cuore degli appassionati, alla stessa maniera di grandi icone a stelle strisce come Corvette, Mustang e Camaro.
La prima generazione comincia a concretizzarsi verso la fine del 1989, mentre già nel 1991 tre Viper vengono utilizzate come pace car alla 500 Miglia di Indianapolis. L’anno seguente – nel 1992 – vede finalmente la produzione, dapprima offerta in versione RT/10, ovvero con carrozzeria di tipo Targa e poi – a partire dal 1996 – anche come coupé GTS, con il celebre tetto a doppia bolla, che richiama soluzioni adottate nel mondo del motorsport, così da poter offrire la possibilità di sedere a bordo con il casco, senza per questo motivo avere problemi di abitabilità. Dove alla Viper non importa nulla di mezze misure e praticità è là davanti. Il cuore pulsante di questo serpente letale è infatti un V10 da 8-litri, un propulsore vecchia scuola che se al giorno d’oggi sembra un affronto all’intero ecosistema globale, anche trent’anni fa ricordava che negli States, più è grande, meglio è.
Sono 455 i cavalli di potenza erogati a quota 5.200 giri e 664 i Nm di impressionante coppia che cercano di farvi rompere l’osso del collo con una brutalità e ferocia estranea a qualsiasi prodotto europeo. La trazione sul solo asse posteriore abbinata a un cambio manuale a 6 marce è tutto ciò che separa una inconcepibile scarica di adrenalina dal disastro totale, complice anche un assetto che alle alte velocità risulta ostico da tenere sotto controllo, anche nelle mani più esperte. La carrozzeria è realizzata in tubi di acciaio ricoperto da pannelli in vetroresina, fermando il peso complessivo a circa 1.488 kg, un valore tutto sommato positivo, soprattutto tenendo conto della massa del motore stesso, ma l’assenza di dispositivi come ABS e controllo trazione hanno reso celebre la voglia di allargare il posteriore non appena la pressione sul pedale dell’acceleratore si facesse meno delicata del solito, anche a ruote anteriori perfettamente dritte.
Inguidabile? Forse. Divertente? Assolutamente sì. La magia della RT/10 è infatti figlia della follia stessa di un progetto gettato quasi in pasto al mondo senza grandi aspettative, eppure capace di rivestire il ruolo di pietra miliare dell’automobilismo, spezzando qualsiasi legame con qualsivoglia confronto e svincolandosi da confronti con le più convenzionali sportive europee. La Viper è un simbolo, un’icona, un perfetto prodotto Made in U.S.A., realizzato secondo quei canoni che vi fanno subito immaginare con il braccio a penzoloni fuori dalla portiera, il vento tra i capelli e il borbottio del V10 che si perde in una immensa strada isolata nel ventre di qualche deserto dell’Arizona. E poi, cercando di tirare fuori tutto il coraggio possibile e ovviamente un bel po’ di pazzia, si preme il gas in un misto di gentilezza e rispetto, contando su prestazioni nell’ordine dei 290 orari di velocità massima e di uno sprint sullo 0-100 km/h di appena 4 secondi e mezzo.
La Viper ha poi il grande merito di essere rimasta fedele a se stessa, non soltanto nelle linee, ma come concezione di automobile sportiva. Del resto, cosa vi sareste aspettati da un’auto che nell’interno porta ha un adesivo con scritto “Serious injury can occur. Hot exhaust pipe below door opening” (Possono verificarsi gravi lesioni. Tubo di scarico bollente sotto la portiera). Negli anni ha infatti accolto i logici aggiornamenti, come nel 2003 con l’arrivo della SRT10 e poi ancora nel 2012, con l’ultima generazione, peraltro disponibile anche in varianti ancora più esteticamente e dinamicamente aggressive, come nel caso della ACR. In tutto questo tempo, attraversando quindi periodi di profondi cambiamenti nel modo di concepire la sportività, la Viper è sempre stata impossibile da addomesticare, senza per questo motivo essere mai bollata come una promessa mancata, oppure una performance car di serie B. La Viper è sempre stata il grido fuori dal coro, l’amico casinista, la sorpresa che non ti aspetti e di cui sentiremo sempre la mancanza in un mondo automobilistico sempre più politically correct.