Youngtimers: Ed È Subito Nostalgia
Testo di Christian Parodi / Foto di Federico Vandone dell’Acqua
Gli anni ’80, così lontani eppure così vicini. Un periodo che ha segnato le vite di alcuni di noi attraverso fotografie dove sfoggiamo acconciature di cui ancora oggi ci vergogniamo, vestiti riprovevoli e colori che oggi chiameremmo kitsch. La musica era pessima, il rock è quasi morto in quel decennio e l’amore per il bello sbocciato negli anni ’50 e ’60 sembrava ancora più lontano di quanto lo sia invece oggi. Se però osserviamo quel periodo da un punto di vista automobilistico, con tutte le difficoltà del caso dovute anche alla crisi petrolifera che si scatenò nel 1979, la voglia di stupire era innegabile, sia in termini di design, che in quanto a prestazioni sempre più mirate verso il raggiungimento di quelle che ben presto sarebbero diventate due voci fondamentali per differenziare una supercar da un’auto sportiva: lo scatto e la velocità massima.
Del resto quando si parla di emozioni è naturale risvegliare il bambino che è in noi e sfido chiunque – almeno sino al compimento del quindicesimo compleanno – a non aver infilato la testa in qualche abitacolo, andando subito a cercare l’ultimo numero sul tachimetro, notando con grande stupore che pian piano i numeri cominciavano a salire verso l’incredibile 300. Scendiamo con i piedi per terra, del resto quelle che oggi definiamo youngtimer non vanno ricercate nella fascia più alta del listino dell’epoca, ma piuttosto in ciò che la produzione automobilistica tra gli anni ‘80 e i primi 2000 hanno offerto ad una più vasta porzione di automobilisti. Sono le vetture che si potevano vedere per strada, quelle sulle quali i genitori di coloro che hanno qualche ciuffo bianco sulle basette hanno fatto innamorare le proprie fidanzate e che consentivano di vivere emozioni su quattro ruote a una fetta sempre più ampia di drivers.
Automobile come senso di libertà, ma anche come strumento di piacere, senza dimenticarci di quegli optional che venivano introdotti come se avessero stravolto il concetto della vita a bordo. Insomma queste erano auto che non facevano mancare nulla e che sembrava avessero davvero intenzione di rappresentare tutto ciò di cui avremmo avuto bisogno. E così, oltre all’introduzione di sistemi per la sicurezza come l’ABS e i primi Airbag, spuntavano i telefoni di bordo e si sfidavano gli amici d’infanzia per vedere quale fosse il cruscotto con più bottoni. Erano anni in cui avresti potuto riconoscere un modello al buio, semplicemente dalla forma dei fari e dove ogni marchio aveva caratteristiche ben distinte, listino molto più ridotti, ma tanta voglia di crescere e probabilmente di arrivare fin dove sono arrivati oggi.
Ma la nostalgia è una subdola canaglia ed è lecito domandarsi se questi ricordi non siano in realtà deformati dai sentimenti che proviamo collegandoli a momenti così importanti della nostra vita. Non è che una semplice berlina qualsiasi appaia ai nostri occhi come un’auto speciale soltanto perché sui sedili posteriori ci abbiamo trascorso alcuni tra gli anni più felici e spensierati della nostra infanzia? È facile scendere nel sentimentalismo quando ci si sforza di ricordare qualcosa che non può più esistere, perlomeno non come era un tempo. Tutto ci sembrava più grande, più silenzioso, più bello e forse era davvero così, ma gli anni passano e il tempo è un giudice inesorabile. Eppure, con i loro mille difetti e quella netta lontananza rispetto ai fasti del passato che erano dei miti già all’epoca, guardiamo alle youngtimer con una lacrimuccia che scende sul viso ma che parte dal cuore, perché non rappresentano il sogno collettivo, ma la nostra memoria.
Sono un tesoro appartenuto ad ognuno di noi e questo conta più di qualsiasi numero, di qualsiasi valutazione economica e in barba ai difetti e alle limitazioni che possono aver avuto. Sono tempi lontani quegli anni ’80, pensavamo di non doverci preoccupare di nulla, eppure le cose hanno preso una piega differente, ma ciò non ci impedisce di tornare a respirare qualcosa che sembrava dovesse restare nel passato, del resto a condizione di trovare un esemplare in buone condizioni o magari addirittura ben conservato – tenete sempre conto che nella maggior parte dei casi si tratta di vetture che venivano utilizzate quotidianamente – mettersi in garage una di queste vetture è alla portata di tutti. Non sono propriamente auto storiche, ma rispetto a quelle odierne mantengono intatto quel feeling analogico, quegli odori e quelle sensazioni meccaniche ormai sopite, senza contare che a discapito delle mille limitazioni che hanno oggi i designer con i loro super computer, erano il frutto dell’estro di chi ancora metteva su carta un’idea. Quella stessa idea che sarebbe divenuta emozione e che a distanza di almeno quattro decenni batte forte come quel giorno che papà arrivò a casa con l’auto nuova e per noi nient’altro aveva più importanza.